13 maggio 2013

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Ha giusto l’età per guidare la macchina e per assistere a un film vietato l’anti eroe di Inter-Roma, il calciatore cui milioni di romanisti in queste ore vorrebbero soffiare qualche parola nelle orecchie: Mario Balotelli, diciannove anni il dodici agosto, un grande futuro davanti, se mette la testa a posto.


Dicono che sotto sotto non sia un cattivo figliolo e che se guardi da un’altra parte ed eviti di rivolgergli la parola, se proprio non te lo fili, lui addirittura se ne sta zitto a pensare ai fatti suoi. Che in campo, e questo è il problema, si scontrano con i fatti degli altri e allora sono dolori. Soprattutto per lui: gli avversari (il mondo meno uno?) su due piedi possono perdere le staffe e non si sa mai; tutti gli altri, tramite la tivvù, vedono, esaminano, bocciano e sentenziano: un guappo prepotente, immaturo e vestito da giocatore.

In realtà sappiamo ben poco di questo ragazzo di origine ghanese e adottato da una famiglia italiana quando aveva tre anni. Potrebbe essere figlio di quest’epoca senza ideali. Forse gli va di fare il bulletto in campo, come a tanti altri ragazzi della sua età piace alzare la voce o le mani in classe. Ha il fisico e magari pensa che altezza e muscoli gli permettano tutto, fatevi sotto che ci pensa lui. Del ragazzo Balotelli si occuperà la sua famiglia. Al giocatore, che è bellissimo se non unico, dobbiamo pensare tutti: la Nazionale, l’Inter, la Federcalcio, noi, voi, chiunque possa dargli una lezione e una mano. Salvarlo come calciatore significa offrirgli un traguardo, un sogno, un ideale.

Non ricordiamo un giocatore così. Pelè probabilmente, che da bambino vinse un mondiale. Maradona lo mostrarono al mondo più o meno alla sua età. Messi e Cristiano Ronaldo non avevano le stesse misure e la stessa qualità. Avrete visto il primo gol segnato alla Roma: banale per lui, una prodezza per chiunque altro. Già meriterebbe, se contassero solo i numeri calcistici, la nazionale campione del mondo e, personalmente, saremmo felici di vederlo con il nove in Sudafrica. Ma non questo Balotelli, bensì un altro: normale, educato, rispettoso, intelligente. Con personalità e carattere, doti che non vanno confuse con maleducazione e presunzione.

Domenica sera il ragazzo ha scippato un rigore, invitato migliaia di romanisti a stare zitti appoggiando l’indice alle labbra, fatto per due volte la linguaccia a Panucci, ringhiato a Riise. Non si può usare la prova televisiva per la simulazione: l’arbitro ha visto e valutato male. Ma il resto del suo show deve finire nelle mani del giudice: violenza e istigazione alla violenza. Si parla tanto di prevenzione, le tifoserie restano a casa, gli stadi sono pieni di steward e poi si lascia che la provocazione si verifichi impunemente in campo? La linguaccia va messa sullo stesso piano dello sputo. Venne condannato Totti agli Europei portoghesi e senza valutare le attenuanti. Va condannato Balotelli, con l’aggravante della provocazione nei confronti della tifoseria romanista.

Un Daspo anche per lui. La porta della Nazionale chiusa sino a quando non avrà capito e chiesto scusa. Una lunga squalifica adesso. Mourinho e Moratti non gli diano spago: la prossima volta la linguaccia sarà per loro.

Roberto Renga. Addì Martedì 03 Marzo 2009 - 09:34